Il primo matrimonio cattolico nella Diocesi di Jesi dichiarato nullo “in forma breve”. Ovvero in quei tempi più rapidi introdotti dalla riforma in materia voluta da Papa Francesco: sei mesi invece dei due anni del rito ordinario. La prima nullità “breve” a Jesi è stata pronunciata dal vescovo Don Gerardo Rocconi, coadiuvato da don Cristiano Marasca, Giudice del Tribunale Ecclesiastico Regionale, e don Igor Fregonese come assessori e da Lucia Sarti nelle vesti di notaio.

Fra le novità c’è che, per i casi più semplici, torna a un ruolo centrale il vescovo, senza più ricorso al Tribunale Ecclesiastico Regionale (nelle Marche a Fermo). A marzo la richiesta di giudizio (il libello), a agosto la sentenza che, depositata a Fermo, sarà pubblicata tra pochi giorni. Gli ora ex coniugi anche per la Chiesa sono imprenditori, sposati nel 1991 e separati civilmente dopo sei anni. Ma quel legame, ormai da anni sciolto per lo Stato, continuava a valere come Sacramento. Dalla signora è partita l’iniziativa, sulla quale ha probabilmente influito l’idea di un percorso oggi meno tortuoso. Ora entrambi potrebbero di nuovo sposarsi con rito cattolico. Anche se si parla di “annullamento” o addirittura “divorzio cattolico”, è una “dichiarazione di nullità”: per la dottrina il matrimonio resta inscindibile ma determinate cause (le più comuni la mancanza di fede o del desiderio di figli) possono motivare una successiva definizione del vincolo come nullo e mai contratto.
Fonte Corriere Adriatico