Terremoto Marche, le testimonianze: Ho visto morire i miei amici, me ne voglio andare da qui

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[GARD align=”center”]TERREMOTO_CENTRO_ITALIA«Una casa è crollata su di loro, così ho visto i miei amici morire. Qui non c’è più futuro»
„Come Giuseppe Filotei, 19 anni di Pescara del Tronto. La sua casa è tra le poche ad aver retto l’urto, ma non dimenticherà mai quello che ha visto: «Sentivo la terra che si sollevava dal suolo – ci racconta con voce rotta – Davanti a me c’erano due ragazzi di 16anni: Tommaso e Arianna. Stava tremando tutto e invece di allontanarsi dalle mura, loro sono andati verso le case. Li ho visti morire davanti a me, schiacciati dai massi. Li conoscevo bene ed è dura sopportare questo trauma. Il prossimo anno spero di fare l’università. Voglio andare lontano da qui». Poi c’è chi, dopo la prima notte in tenda, è tornato lì, a Pescara del Tronto, per guardare le macerie da cui è uscito vivo. Come Giuseppe Lucidi, artigiano 46enne di Ascoli, che la notte del terremoto dormiva nella sua casa vacanze con la moglie, la madre e i due figli di 7 e 10 anni. Hanno visto la morte in faccia quando sotto di loro si è aperta una voragine che li ha risucchiati fino ai meandri della cantina. Insieme a Giuseppe sono arrivate diverse famiglie per cercare un posto dove dormire. Si ritrova così una comunità spezzata nella spina dorsale, ma che dimostra una solidarietà inesauribile. Anche tra quei giovani, marchigiani e laziali, accomunati da un parente di origini ascolane, che d’estate popolano Arquata del Tronto dove trascorrono le loro spensierate estati. «Ero venuto qui in vacanza due settimane fa e sono tornato a casa pochi giorni prima del sisma – ci racconta Paul Manaut, 20 anni di Roma – quando è successo tutto ho deciso che dovevo tornare per aiutare i miei amici. La cosa più brutta è aver lasciato un posto bellissimo e colorato, per poi tornare qua e avere gli occhi desaturati perché è tutto distrutto, tutto grigio. Io ho viaggiato in Africa e in Europa, ma un posto così non si trova. Domani devo tornare a Roma però domenica torno per restare finché servirà». A pochi passi dai ragazzi, arrivano altre auto, dove altri sfollati scaricano provviste e beni personali. Tra loro c’è Dina Amadio, 53 anni di Pretare di Arquata. Lei ha perso l’amica Stefania: «La prima notte in tenda è andata bene perché ritrovi la famiglia e i volontari dell’Anpas non ci fanno mancare niente. Ero in casa con mia figlia quando ho sentito quell’apocalisse. Ho pensato ai miei genitori di 90 anni, sono passata dalla finestra e li ho portati fuori forzando la porta bloccata. Ho perso la mia grande amica Stefania. E’ morta solo lei a Pretara. Il futuro è nero» ha ribadito Dina in lacrime. «Sono salva per miracolo e la mia casa è inagibile. Non sappiamo proprio da dove ricominciare» ha detto Luciana De Angelis, 56enne di Pescara del Tronto. Non tutti vogliono parlare. Tra gli alloggi di fortuna c’è anche chi ha perso un figlio o chi ha visto cose che vuole dimenticare. Motivo per quale alla tenda numero 25 è stato istituito un presidio fisso per l’ascolto medico psicologico con 5 esperti durante le ore diurne e 2 in quelle notturne. Lì accanto c’è la tenda di Vincenzo, 55enne di Roma, che ha detto: «La prima notte in tenda? Non abbiamo dormito. Casa nostra è stata rasa al suolo, siamo vivi e non sappiamo come. Io e mia moglie siamo riusciti a scappare ma mio suocero non ce l’ha fatta». (Fonte: AnconaToday)[GARD align=”center”]

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