SAN CIRIACO IL PATRONO

La notevole durata di questo periodo sismico e forse anche una diffusa mancanza di preparazione fra gli abitanti causarono un forte panico nella popolazione e la paralisi dell’economia locale. L’impatto di questo evento nel quadro economico locale fu perciò molto elevato al di là degli effetti indotti sul patrimonio edilizio e sull’ambiente.
Il terremoto non causò vittime direttamente; 3 persone morirono d’infarto per lo spavento e molte furono colte da malore. Gran parte delle persone abbandonò le proprie abitazioni in seguito alla prima forte scossa del 25 gennaio.
Dopo le scosse del 4 febbraio, 3.500 abitanti di Ancona trascorsero la notte in 83 vagoni ferroviari, 600 su 36 autobus urbani. Il ministero della Difesa inviò ad Ancona la nave della marina militare "Bafile" con attrezzature, materiali e rifornimenti vari. Anche l’esercito inviò uomini, ospedali da campo, tende di uso generale e materiali vari.
In seguito alla scossa del 15 giugno, la marina militare inviò ad Ancona per i soccorsi le navi "Quarto" e "Anteo", con a bordo materiali, viveri, un ospedale da campo e 110 uomini del battaglione San Marco. Dalla Spezia furono inviati una colonna di soccorso e tre elicotteri. Il comando militare dell’area tosco-emiliana dispose l’invio di un ospedale da campo con un nucleo ufficiali medici e una colonna mobile.
I centri colpiti rimasero spopolati per settimane. Nella sola Ancona 12.000 persone lasciarono le proprie abitazioni. Questo "effetto paura" ebbe gravi ripercussioni anche sul tessuto socio-economico della regione: i progetti di rilancio economico e turistico furono accantonati; il commercio fu bloccato per mesi. Complessivamente furono stanziati circa 72 miliardi di lire fra il 1972 e il 1976. Ad Ancona gran parte dei palazzi del centro storico erano divenuti inagibili e l’opera di ristrutturazione, pur rendendo gli edifici antisismici a norma di legge, ha mantenuto gli aspetti ambientali e architettonici di interesse artistico.

Il patrimono edilizio di Ancona era relativamente recente ed era costituito da costruzioni in cemento armato, edificate negli anni ‘50 del Novecento, di altezza compresa fra i 9-12 m. (3 o 4 piani), e da edifici in muratura, in gran parte costruiti dopo il 1930, che non superavano i 2 o 3 piani di altezza. Il centro storico era invece costituito da edifici vecchi, spesso degradati, già danneggiati da precedenti eventi sismici e bellici (1).
A Falconara Marittima il più diffuso tipo di edificio era costituito da costruzioni alte dai 6 ai 10 metri, con solai con travi in legno incastrate in muratura spessa dai 15 ai 30 cm, con malte spesso polverizzate e mattoni erosi dalla salsedine. Vi furono danni a quasi tutte le abitazioni che erano state mal riparate dopo il terremoto del 1930; invece, le case cui erano stati aggiunti rinforzi in cemento ebbero lesioni riparabili e furono giudicate abitabili (2).
Il patrimonio edilizio degli altri comuni che subirono le lesioni più gravi era prevalentemente costituito da edifici di vecchia costruzione.

La notevole durata di questo periodo sismico e il grande numero di repliche fecero sì che si creasse un panico diffuso e talvolta non completamente giustificato fra gli abitanti. I centri colpiti rimasero spopolati per settimane. Nella sola Ancona 12.000 persone lasciarono le proprie abitazioni. Questo "effetto paura" ebbe gravi ripercussioni anche sul tessuto socio-economico della regione: i progetti di rilancio economico e turistico furono accantonati; il commercio fu bloccato per mesi.

Qui sotto i dati sulle scosse principali del sisma del 1972

1972 01 25 20 25 11 43.62 13.35 0.0 7.0 0 102 Medio Adriatico
1972 02 04 02 42 53 43.58 13.30 0.0 8.0 0 102 Medio Adriatico
1972 02 04 09 19 04 43.58 13.28 0.0 7.5 0 102 Medio Adriatico
1972 02 05 01 27 00 43.60 13.50 0.0 7.0 0 102 Medio Adriatico
1972 02 05 07 08 42 43.65 13.33 0.0 7.0 0 102 Medio Adriatico
1972 02 05 15 14 48 43.60 13.50 0.0 7.0 0 102 Medio Adriatico
1972 02 06 01 34 14 43.60 13.50 0.0 7.0 0 102 Medio Adriatico
1972 06 14 18 55 46 43.58 13.42 0.0 8.0 0 102 Medio Adriatico

Una gran parte degli edifici del centro storico di Ancona fu dichiarata inagibile dopo questo periodo sismico. Essi vennero ristrutturati in modo da renderli antisismici a norma di legge e di mantenerne inalterati gli aspetti ambientali e architettonici di interesse artistico, mediante elaborati rifacimenti e consolidamenti in cemento armato degli interni. Restauri vennero eseguiti nelle chiese di S.Giovanni, S.Francesco delle Scale o S.Maria Maggiore, nel Palazzo degli Anziani, nell’edificio dell’ex Episcopio, che ospitava il Museo Diocesano e che fu chiuso. Palazzo Ferretti fu sottoposto a lunghi lavori di consolidamento. Il Duomo, dedicato a S.Ciriaco, subì gravi danni; dopo delicati restauri e lavori di consolidamento, fu riaperto al culto nell’autunno del 1977. Interventi furono compiuti anche sulle strutture portuali d Ancona.

La scossa del 25 gennaio 1972 delle ore 20:25 GMT danneggiò Ancona e i paesi limitrofi; le scosse del 4 febbraio 1972 delle ore 2:43 GMT ca. e delle 9:19 GMT, del 5 febbraio delle ore 1:27, 7:09 e 15:14 GMT, del 6 febbraio delle ore 1:34 GMT e del 14 giugno delle ore 18:56 GMT ca. causarono danni a un territorio più esteso.
Il periodo sismico interessò complessivamente oltre 80 località dell’Italia centrale del versante adriatico. I danni maggiori si ebbero in seguito alle scosse del 4-5 febbraio e del 14 giugno. Le province più colpite furono quelle di Ancona, Pesaro e Macerata, con un indice di danno particolarmente alto a Camerano, Camerata Picena e Montemarciano.
A Camerano su 750 edifici di questo comune, 35 (4,7%) furono giudicati inabitabili e 150 (20%) lesionati; tutti gli edifici erano di vecchia costruzione. A Camerata Picena su 260 edifici di questo comune, 24 (9,3%) furono giudicati inabitabili e 208 (80%) lesionati: 222 erano di vecchia costruzione e 10 di costruzione recente; l’elevato indice di danno fu attribuito alle caratteristiche geologiche del sito. A Montemarciano su circa 1.115 edifici di questo comune 65 (5,8%) furono giudicati inabitabili, 461 (41%) subirono lesioni; uno di questi edifici era in cemento armato.
Ad Ancona, la parte antica e alta della città fu la più colpita e numerosi palazzi storici e chiese rimasero lesionati o parzialmente danneggiati. Nei quartieri Capodimonte, San Pietro e Pinocchio, nell’area collinare, i danni più diffusi furono caratterizzati da caduta di soffitti, di infissi, di muri interni. La scossa del 6 febbraio causò nuovi danni nella zona collinare. Nella gran parte dei casi fu impossibile appurare il tipo e lo stato di consistenza dei solai a causa dell’uso di pesanti controsoffittature, che risultarono tutte staccate. Fu rilevato che la maggior parte degli edifici in muratura aveva subito nel tempo numerosi rifacimenti e sovraelevazioni di strutture diverse. In questo tipo di edifici fu notato il distacco dei muri perimetrali, tanto più accentuato quanto maggiore era l’altezza dell’edificio. Si ritenne che ciò fosse stato causato dalla mancanza totale o parziale di cordoli di piano o da insufficienti ammorsamenti fra le murature. Altri danni negli edifici in muratura furono indicati in sfilamenti delle scale in legno e lesioni alle tramezzature in corrispondenza di architravi in legno. In generale, gli edifici recenti con intelaiature in cemento armato, seppure di scarsa fattura, non presentarono danni gravi. I danni più rilevanti si ebbero all’interno degli edifici. Per quanto riguarda il patrimonio storico di Ancona furono lesionate le chiese di S.Giovanni, di S.Francesco delle Scale o S.Maria Maggiore, il Palazzo degli Anziani, il Palazzo Ferretti, l’edificio dell’ex Episcopio, che ospita il Museo Diocesano, il Duomo di S.Ciriaco, che subì gravi danni.
Secondo censimenti successivi, questo periodo sismico nel solo perimetro urbano di Ancona rese inagibili 7.000 alloggi su 35.000 (20% circa) dei quali 3.000 (43% circa degli alloggi inabitabili) ubicati nel centro storico. È difficile definire il numero di edifici del centro storico, perchè manca a tutt’oggi un censimento ufficiale. È tuttavia verosimile che i 3.000 edifici inagibili sopra ricordati non superassero il 50% del patrimonio edilizio del centro storico.
La sequenza ravvicinata di scosse con effetti di danno (8 fra il 25 gennaio e il 14 giugno, di cui 7 entro il primo mese) rendono problematiche le valutazioni del grado di intensità, soprattutto nelle località più colpite, come Ancona, dove gli effetti di ogni scossa si sommano a quelli delle scosse precedenti. Nel tentativo di superare tale difficoltà, è stato stimato il limite superiore dell’intensità attribuibile agli effetti di ogni singola scossa. Gli effetti complessivi di tutte le scosse nel centro storico di Ancona (la parte della città che ha subito maggiori danni) soddisfano le caratteristiche di danno previste dal IX MCS solo limitatamente alla percentuale di distruzioni, valutata nel caso specifico come "inagibilità" degli edifici. I crolli, invece, interessarono meno del 25% del patrimonio edilizio, che è la quantità prevista dalla scala per il IX grado.
Le decrizioni degli effetti ad Ancona per le varie scosse presentano in diversi casi (4 febbraio ore 2:43 e 9:19 GMT, 5 febbraio ore 1:27, 14 giugno ore 18:56 GMT) effetti riconducibili al grado VIII MCS. Tuttavia, il quadro cumulativo dei danni nel centro storico di Ancona sembra il risultato di non più di due scosse con effetti di VIII MCS. Infatti, anche trascurando, in questa approssimazione, l’accresciuta vulnerabilità del patrimonio edilizio maggiormente colpito da una prima scossa con effetti di VIII grado, una seconda scossa con ipotetici effetti della stessa gravità avrebbe aggiunto distruzioni e crolli in percentuali tali da causare un quadro cumulativo confrontabile con quello del IX MCS.
Pertanto, agli effetti delle scosse più forti ad Ancona, quella del 4 febbraio (2:43 GMT ca.) e quella del 14 giugno (18:56 GMT ca.), è stato attribuito il grado VIII MCS, pur nella convinzione che tali valori di intensità, e soprattutto quello attribuito alla scossa del 14 giugno, sono indicativi di livelli di vulnerabilità piuttosto che di scuotimento. Alle altre scosse che hanno causato danni sono stati attribuiti effetti massimi non superiori al grado VII MCS.
Gli effetti di danno subiti dal centro storico di Ancona sono stati distinti e classificati separatamente da quelli dell’area urbana di più recente costruzione.
In altre 35 località delle Marche furono rilevate lesioni, alcuni crolli totali e crolli parziali. Gravemente danneggiati furono anche gli edifici costruiti nei primi decenni del Novecento: erano di fattura scadente e in più erano stati danneggiati dal terremoto del 1930 e generalmente mal riparati. Le abitazioni rurali ebbero danni più gravi di quelle dei centri urbani. (Fonte:INGV)

Ad Ancona, un’onda marina di grandi dimensioni precedette la scossa del 4 febbraio delle ore 2:43 GMT, dopo la quale fu notata violenta agitazione del mare. In seguito alla scossa del 14 giugno delle ore 18:56 GMT fu osservato ribollimento nell’acqua del mare a 3 km dalla costa anconetana.
Questo evento causò modificazioni del terreno di Ancona; infatti dal confronto fotogeomorfologico di due serie di foto aeree, una del 1956 e l’altra del 1979, si evidenzia che la fitta rete di fessure profonde sulla parte alta del pendio su cui è edificata la città, fu fortemente esaltata dal terremoto del 1972; ciò ha favorito l’infiltrazione delle acque meteoriche in profondità, abbassando così la soglia di rischio di frane. Fonte: INGV

 

 

 

 

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