“Siamo diventati il terremoto per quello che è stato e tutte le conseguenze. Ma certe mattine capita di non parlare del sisma. Sembra di tornare al 23 agosto”, Emily è piemontese e sente forte il legame con la terra dove ha scelto di vivere: Arquata del Tronto. Tredici frazioni aggrappate alle montagne tra Sibillini e Gran Sasso, a 120 chilometri circa dalla capitale. Emily fa i caffé dietro al bancone del Blue Bar, l’unico rimasto aperto ad Arquata del Tronto. Aveva incassato la scossa del 24 agosto restando in piedi, diventando così, dopo la prima data che ha sconvolto i Sibillini, punto di ritrovo anche per Vigili del fuoco, Carabinieri, militari, volontari, giornalisti e truopes televisive.
Dopo i boati di fine ottobre che hanno portato sulla costa più di 5000 persone, era arrivata la resa, anche per il Blue Bar. Poi la ripartenza a fine dicembre in un container. Durante l’emergenza neve il bar sulla Salaria impraticabile aveva accolto i camionisti rimasti bloccati, finendo addirittura le scorte alimentari.La neve viene spalata, si scioglie e ricomincia un nuovo giorno. Sorride ora Fofò, Florido Petrucci, classe 1938, lo chiamano il sindaco di Trisungo, la frazione di Arquata dove vive ancora, nel camper, nel quale era rimasto imprigionato a causa della coltre bianca di un metro e mezzo.Davanti ad un caffè è come se si ritrovasse un pezzo di casa perduta. Si torna ogni mattina, anche se ormai si dorme a Porto d’Ascoli, racconta Ernesto, titolare di una piccola ditta edile. E’ in autonoma sistemazione con i genitori di 87 e 88 anni. A causa del terremoto, racconta, per la prima volta hanno visto il mare ma il loro desiderio è morire in montagna.C’è Marcello, rappresentante. Faceva il giro per vendere il latte proprio dove il sisma ha reso inagibili decine di bar, trattorie, ristoranti con le finestre che facevano l’occhiolino agli scorci tra i superbi dell’Italia centrale.
Fonte EtvMarche