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Daniele Zoppi è deceduto a 34 anni nel penitenziario di Montacuto il 23 luglio 2015.Ci sono due magistrati indagati per la morte di Daniele Zoppi, il 34enne di Ancona trovato senza vita nel penitenziario di Montacuto il 23 luglio 2015, dopo tre richieste di scarcerazione per motivi di salute. Zoppi, che era in carcere dall’autunno 2014 per scontare una pena definitiva per spaccio, soffriva di tre ernie al disco e di stenosi lombare (uno schiacciamento del canale vertebrale che gli aveva fatto perdere sensibilità alle gambe), disturbi aggravati dall’obesità (pesava 140 chili) e aveva chiesto di essere trasferito in una struttura sanitaria per essere curato.

I giudici del Tribunale di sorveglianza di Ancona avevano rigettato le sue richieste: l’ultimo diniego era arrivato il 13 luglio 2015, dieci giorni prima della morte. Il fascicolo contro i giudici di sorveglianza è stato aperto dalla Procura de L’Aquila, competente per i magistrati marchigiani: il pm ha ipotizzato il reato di abuso d’ufficio, ma ha già chiesto l’archiviazione, cui si oppone la madre di Daniele, Soriana Candiloro, rappresentata dall’avvocato Luca Bartolini. Secondo il legale va riformulata l’ipotesi di reato: andrebbe contestata eventualmente l’omissione di atti d’ufficio. L’udienza davanti al gip abruzzese è fissata per il primo marzo. Un altro fascicolo è stato aperto contro ignoti dal sostituto procuratore di Ancona Paolo Gubinelli. La relazione del medico legale nominato consulente della Procura di Ancona parla di morte naturale: il cuore di Daniele Zoppi non ha retto.«Non so se la morte di Daniele potesse essere evitata – dice la signora Candiloro –. So solo che mio figlio stava molto male, ma per i giudici le sue condizioni di salute non erano incompatibili con il carcere. Ora voglio la verità e, se ci sono responsabili per la morte di mio figlio, devono pagare. Daniele aveva presentato tre richieste, non una sola. Non voleva sottrarsi al suo debito con la giustizia e mi ripeteva: ‘Io pago, ma almeno mi curino’».Soriana Candiloro aveva visto suo figlio per l’ultima volta il 4 luglio durante una visita. «Daniele stava preparando la terza richiesta di scarcerazione, doveva operarsi allo stomaco per curare l’obesità, e mi diceva che se fosse rimasto ancora a lungo in carcere sarebbe morto. Purtroppo mio marito sta male e potevo andare in carcere solo una volta ogni tre settimane». Il rimpianto più grande della signora Candiloro è proprio quello di non aver visto suo figlio nei giorni subito precedenti la morte: «Faccio l’infermiera, ma quando l’avevo visto il 4 luglio mi sembrava non fosse tanto grave. Solo dopo la morte, un volontario del carcere mi ha detto che, due giorni prima, aveva visto Daniele molto sofferente: aveva le gambe gonfie e nere e respirava a fatica. Di mio figlio – dice tra le lacrime – avrò sempre negli occhi l’immagine dell’ultima visita».
Fonte Resto Del Carlino

 

 

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